giovedì 20 dicembre 2012

Il Nido Diffuso - Comunicato Stampa

Il Nido Diffuso
Comunicato Stampa



Mercoledì 19 dicembre la Rete per l’Innovazione nel Sociale ha presentato, presso la sede della Regione FVG di Udine, il progetto Nido Diffuso.
La conferenza stampa è stata organizzata con la preziosa collaborazione dell’Assessorato all'istruzione, università, ricerca, famiglia, associazionismo e cooperazione, dell’Assessore Roberto Molinaro e del P.O. Dott. Fabrizio Spadotto.
La Regione Friuli Venezia Giulia ha intrapreso negli ultimi anni un percorso di sperimentazione che ha portato all'approvazione di un nuovo regolamento di attuazione (230/pres del 04/10/2011) della L.R. 20/2005, che introduce in modo stabile la figura dell'Educatrice Domiciliare.
L’Assessore Molinaro, introducendo l’incontro, ha ribadito come: la cura e l'educazione dei nostri figli sia oggi uno dei temi ricorrenti della politica familiare regionale e la prima infanzia è un momento estremamente importante per la crescita.
Una particolare attenzione è stata data dall’Assessore al percorso di condivisione e confronto che la Rete per l’Innovazione nel Sociale, che rappresenta tre importanti realtà cooperative del territorio regionale - Codess FVG, FAI e Duemilauno Agenzia Sociale - ha portato alla predisposizione del modello presentato.
Il Direttore di Codess FVG e Presidente della Rete per l'Innovazione nel Sociale, Franco Fullin, ripercorrendo il percorso di costituzione della rete e dei suoi valori e obiettivi, ha sottolineato come la rete sia nata dalla necessità di sperimentare nuove esperienze imprenditoriali e sociali attraverso la messa in rete di risorse, innovazioni e buone pratiche nell’ambito dei servizi socio-sanitari ed educativi regionali.
Il progetto, presentato da Andrea Satta, Coordinatore Rete per l'Innovazione nel Sociale, parte dal modello di origine tedesca Tagesmutter e introduce un nuovo modo di progettare servizi per la prima infanzia coinvolgendo le famiglie e l’associazionismo, stimolando l'autoimprenditorialità ed allo stesso tempo garantendo competenza, sicurezza, cura ed attenzione.
Particolare rilievo viene data al ruolo educativo ma anche, come ribadito dal Coordinatore, al rispetto dei tempi di lavoro di vita delle educatrici, così come delle famiglia e dei bambini: questi sono i valori imprescindibili per la Rete di impresa sociale. Il Nido Diffuso vuole coniugare esperienza, competenza e innovazione introducendo nel sistema integrato dei servizi prima infanzia un modello di lavoro flessibile, territoriale e cooperativo. I principi del modello sono riassumibili in tre parole chiave: la diffusione e la sua capacità di offrire risposte puntuali a problemi ed esigenze concrete delle famiglie; l’integrazione ovvero la presenza di un sistema reticolare di servizi, direttamente gestiti dalle Cooperative, che assicura coordinamento, formazione, supporto pedagogico ed amministrativo; la cooperazione intesa come capacità imprenditoriale di avviare, coordinare e sviluppare nuovi modelli lavorativi.
Cristina Benes, Referente Area Nido della cooperativa Duemilauno agenzia sociale, ha introdotto la Carta dei Servizi che definisce gli standard di qualità del servizio rivolto alle famiglie. Il progetto, come è stato spiegato ai numerosi interlocutori istituzionali e del mondo cooperativo presenti, pone al centro il “bambino e la sua famiglia”, proponendosi di accogliere il bambino in un ambiente sicuro, protetto e familiare, nel quale possa esprimere liberamente le proprie potenzialità relazionali, cognitive ed affettive, e di sostenere la famiglia nell’importante funzione genitoriale.
A conclusione della Conferenza Stampa Il dott. Fabrizio Spadotto, P.O. coordinamento interventi regionali promozione e sostegno della famiglia e dell’infanzia, ha ribadito la volontà del servizio di continuare il proficuo lavoro di confronto in modo che il Nido Diffuso possa divenire un'occasione per avviare una nuova offerta per la prima infanzia, per integrarla con l'esistente e per sperimentare un modello innovativo di intervento territoriale.

mercoledì 19 dicembre 2012

Il Nido Diffuso


Udine 19/12/2012 - Rete per l'Innovazione nel Sociale
Presentazione del servizio Nido diffuso



La cura e l'educazione dei nostri figli appare oggi come uno dei temi ricorrenti della politica familiare sia nazionale che regionale. La prima infanzia, dalla nascita ai tre anni, è un momento estremamente importante per la crescita; la casa è il nostro luogo più intimo, più accogliente e la famiglia la nostra struttura sociale naturale. Ricreare un luogo e una situazione familiare sono i presupposti per l'offerta di un Servizio Educativo Domiciliare.
Da molti anni il modello di origine tedesca Tagesmutter, declinato in Italia a partire dalle esperienze trentine e sud tirolesi, si pone come valida integrazione all'offerta di servizi rivolti alla prima infanzia.
La Regione Friuli Venezia Giulia ha intrapreso negli ultimi anni un percorso di sperimentazione che ha portato all'approvazione di un nuovo regolamento di attuazione (230/pres del 04/10/2011) della L.R. 20/2005, che introduce in modo stabile la figura dell'Educatrice Domiciliare.
Si tratta di un nuovo modo, almeno per la nostra regione, di progettare servizi per la prima infanzia coinvolgendo le famiglie e l’associazionismo, stimolando l'autoimprenditorialità ed allo stesso tempo garantendo competenza, sicurezza, cura ed attenzione.
Il nido è il luogo dell'accoglienza comunitaria dove i bimbi imparano a stare con gli altri, imparano regole e diritti, imparano il valore del gioco e dell'apprendimento. L’attenzione del ruolo educativo, la competenza e la capacità degli operatori prima infanzia, il rispetto dei tempi di lavoro di vita delle educatrici, così come delle famiglia e dei bambini: questi sono i valori imprescindibili per la Rete per l'Innovazione nel Sociale.
Su queste basi è stato costruito il modello Nido Diffuso che integra la figura della Educatrice Domiciliare con i valori del sistema nido d’infanzia.
Il Nido Diffuso è un progetto innovativo che vuole coniugare esperienza, competenza e innovazione introducendo nel sistema integrato dei servizi prima infanzia un modello di lavoro flessibile, territoriale e cooperativo.

Il primo principio del modello è la sua diffusione e la sua capacità di offrire risposte puntuali a problemi ed esigenze concrete delle famiglie. In particolare garantisce la specializzazione delle case, l’accoglienza in piccoli gruppi, il rapporto numerico educatrice/bambini molto basso, la predisposizione di progetti educativi personalizzati ed infine è una soluzione alla lontananza da altri servizi prima infanzia.
Il secondo principio è la sua reale e operativa integrazione. La presenza di un sistema reticolare di servizi, direttamente gestiti dalle Cooperative promotrici, assicura un coordinamento costante, la formazione continua e qualificata, il supporto pedagogico ed amministrativo, la risoluzione immediata e professionale delle assenze, imprevisti o malattie delle educatrici.
Il terzo principio è la cooperazione intesa come capacità imprenditoriale di avviare, coordinare e sviluppare nuovi modelli lavorativi. La capacità di stimolo dell'empowerment comunitario e personale, che la cooperazione è in grado di offrire, si declina in un nuovo modello di imprenditorialità diffusa, sostenuta e governata. Essere imprenditrici di se stesse diventa uno dei due fattori, l'altro è la capacità di fare rete, comunità e sistema attraverso la presenza di un soggetto gestore autorevole come la Cooperazione sociale.
Il Nido Diffuso è un'occasione per avviare una nuova offerta per la prima infanzia, per integrarla con l'esistente e per sperimentare un modello innovativo di intervento territoriale.

mercoledì 5 dicembre 2012

Il congedo di paternità obbligatorio di un giorno e facoltativo per altri due

Una goccia nel mare: IL CONGEDO DI PATERNITA' OBBLIGATORIO:

Pubblichiamo il seguente articolo tratto dal sito http://job.fanpage.it/il-congedo-di-paternita-obbligatorio-di-un-giorno-e-facoltativo-per-altri-due/


La riforma lavoro introduce il congedo di paternità' obbligatorio di un giorno spettante al padre lavoratore entro i 5 mesi dalla nascita del figlio. Consentiti anche altri due giorni facoltativi in sostituzione della madre durante il periodo di astensione obbligatoria. Durante le assenze ci sarà una indennità giornaliera Inps del 100% della retribuzione.

Il congedo di paternità obbligatorio di un giorno e facoltativo per altri due.

La riforma del lavoro interviene a supporto delle norme del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela della maternità e della paternità, il D. Lgs. n. 151 del 2001. Introdotto, dopo qualche mese in cui se ne parlava, il congedo di paternità obbligatorio dedicato al padre, che si affianca al congedo di maternità, l’astensione facoltativa e il congedo parentale, ossia i permessi retribuiti e le assenze tutelate dalla legge per consentire alla madre e al padre lo svolgimento della propria funzione familiare durante la gravidanza, la nascita e i primi anni di vita del bambino.
Il congedo di paternità obbligatorio. Con i commi da 24 a 26 dell’art. 4 della legge n. 92 del 2012 sono stabilite misure sperimentali in favore della maternità e paternità: “Al fine di sostenere la genitorialità, promuovendo una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, in via sperimentale per gli anni 2013-2015, il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, ha l’obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di un giorno”.
Il nuovo congedo facoltativo per il padre. Inoltre è previsto che “entro il medesimo periodo (di cinque mesi), il padre lavoratore dipendente può astenersi per un ulteriore periodo di due giorni, anche continuativi, previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima”.
Si tratta di una misura inferiore rispetto a quella di cui si parlava, ossia tre giorni di congedo di paternità obbligatorio. Con la riforma del lavoro il congedo è diventato di un giorno obbligatorio più altri due facoltativi. La misura, anche se la legge non lo specifica, dovrebbe estendersi anche alle adozioni o gli affidamenti preadottivi.
Indennità giornaliera Inps. Sia il congedo di paternità obbligatorio che il periodo di due giorni goduto in sostituzione della madre è riconosciuta un’indennità giornaliera a carico dell’INPS pari al 100 per cento della retribuzione e per il restante giorno in aggiunta all’obbligo di astensione della madre è riconosciuta un’indennità pari al 100 per cento della retribuzione. Anche se la legge non lo specifica, per analogia, i tre giorni di congedo di paternità fruibili dal padre dovrebbero essere coperti da contributi figurativi.
In termini di indennità percepita dall’Inps, i due giorni usufruiti dal padre in luogo della madre permettono l’incasso del 100% della retribuzione, mentre per la madre con l’astensione obbligatoria la misura dell’indennità è dell’80%. Quindi potrebbe convenire alla coppia l’utilizzo dei due giorni facoltativi destinati al padre in luogo della madre. Ovviamente tale discorso cade se il CCNL della lavoratrice madre prevede l’integrazione al 100% della misura Inps, quindi la copertura a carico del datore di lavoro del 20% non indennizzato dall’Inps.
La comunicazione preventiva di 15 giorni al datore di lavoro. Il padre lavoratore è tenuto a fornire preventiva comunicazione in forma scritta al datore di lavoro dei giorni prescelti per astenersi dal lavoro almeno quindici giorni prima dei medesimi.

mercoledì 14 novembre 2012

La genitorialità può essere social?

Social media e genitori: quando la vita dei figli diventa di pubblico dominio



Domenica 04 Novembre 2012 08:18



L'ordine degli psicologi ha lanciato un allarme social network: sembra che i genitori invadano continuamente la sfera privata dei propri figli postando sui vari Facebook e Twitter foto, episodi, frasi tratte dalla vita quotidiana. Senza filtri, senza limiti. Ma da cosa nasce questo fenomeno e quali effetti sulla psiche, ma anche sulla socialità dei nostri figli? Ne parliamo con Caterina Satta, ricercatrice in sociologia dell’infanzia e autrice di “Bambini e adulti: la nuova sociologia dell’infanzia”, Carocci, 2012.

La maternità porta con sé il desiderio di condividere la quotidianità con i figli. Da cosa nasce questa esigenza?
Le trasformazioni socio-economiche e culturali degli ultimi decenni hanno avuto il doppio effetto di aumentare conoscenze e spazi di autonomia ma anche il senso di insicurezza sociale. Con l’indebolimento di molte tradizionali istituzioni, i genitori si trovano socialmente caricati di responsabilità maggiori e nella condizione di doverle gestire individualmente. Da qui il senso di inadeguatezza e la ricerca di confronto e di conforto nell’esperienza di altre persone che stanno vivendo la stessa situazione. Si tratta di una risposta informale dettata dalla carenza di politiche e di servizi a sostegno della maternità e della genitorialità.

Ma come spiegare il comportamento di quelle madri che all'interno dei social network postano sui loro profili le foto del figlio raccontando nel dettaglio la sua vita? Come spiegare questa tendenza alla ipercondivisione?
Condividono per sentirsi meno sole e per essere rassicurate che sono delle buone genitrici. Oggi poi l'espressione della maternità condivisa ha varie forme, ognuna con le sue regole di racconto e ricezione: blog, social network, forum. A non cambiare è la visione del figlio come un'appendice o un oggetto a cui la madre “dà voce”, esprimendo in realtà paure, desideri e aspirazioni che appartengono a lei più che al bambino.

Esiste però una differenza fra il tipo di racconto attraverso un blog e quello che avviene su Facebook o sui forum?
Abbiamo casi di madri blogger che raccontano la loro esperienza in modo critico e consapevole ponendosi quasi come modello per le altre. Non chiedono consigli, raccontano il loro vissuto e offrono esempi di risoluzione ai problemi. Le mamme invece che scrivono su Facebook o comunicano all'interno dei forum non sembrano avere la stessa consapevolezza, sembrano ripiegate in un ruolo unicamente materno, e utilizzano la rete come uno strumento di mutuo aiuto.

Se si trattasse semplicemente di un desiderio di mostrare?
C’è un processo di sacralizzazione dei figli: ogni momento della loro vita viene fotografato ed esposto. E' un fenomeno che ha cause anche demografiche: abbiamo molti più adulti per meno bambini, è quindi cresciuto il valore affettivo di questi figli che sono considerati un bene inestimabile. Il successo di un figlio è la dimostrazione all’esterno della buona riuscita come genitori. Il problema risiede nel mancato, o ridotto, riconoscimento di una soggettività al proprio figlio che così non viene rispettato. C'è una dimensione fortemente possessiva: il figlio è mio, io so cosa è meglio per lui ed io quindi definisco quanto può essere detto e non detto.

Un bambino o un adolescente che vede la vita raccontata in pubblica piazza che conseguenze psicologiche e relazionali può avere?
Non creerei allarmi di questo tipo che, in ogni caso, valuterei singolarmente. Inoltre, dobbiamo ricordarci che anche i bambini e gli adolescenti nelle loro reti sociali, reali o virtuali, parlano dei genitori raccontandone ugualmente fatti molto privati. Non sono dunque soltanto vittime di comportamenti altrui.

Il rischio è quello di crescere dei figli con un superego o di annientarne l'individualità?
Quello che può accadere è che il genitore si sostituisca al figlio nella sua vita quotidiana, negandogli la possibilità di vivere le sue esperienze in autonomia, sia quelle positive che quelle negative.

Esiste un limite?
Il limite dovrebbe essere stabilito all’interno della relazione con il figlio, accogliendo da un lato l’esigenza genitoriale di condividere e confrontarsi e dall’altro quella del figlio di avere voce sulla propria vita.
Luisa Carretti

mercoledì 7 novembre 2012

Conciliazione Cosa concilia con cosa?

Conciliazione: Cosa concilia con cosa?

Post tratto dal blog di Graziano Maino (mainograz.com/2012/05/07/conciliazione-cosa-concilia-con-cosa), socio Studio Pares di Milano,
formatore e consulente sui temi della qualità e della valutazione sociale

Le parole – si sa – sono importanti, in particolare quando identificano questioni sociali non secondarie per la vita di un sacco di persone. E sono ancora più importanti quando sono unanimemente impiegate in forma etichette (auto)evidenti. Bene, quando accade è la volta buona che passano idee indiscutibili, proprio in situazioni nelle quali discussione e confronto dovrebbero essere di casa.
Cosa concilia con cosa? Ci sono espressioni che mi sembrano imprecise (comode, brevi, veloci... ma imprecise):
Conciliazione tra vita e lavoro Viene da obiettare anche il lavoro fa parte della vita. L’espressione poi implica che il lavoro non è vita (a me pare che non sia così);
Conciliazione tra tempo di vita e tempo di lavoro La formula, a parte contrapporre lavoro a vita, introduce (forse) l’idea che siano i tempi a non trovare aggiustamenti sostenibili (sono solo i tempi che non si armonizzano?);
Conciliazione fra lavoro e famiglia Questa mi pare un’espressione migliore, se non fosse che si tratta di precisare il senso di famiglia (e qui si potrebbe discutere). L’espressione ha un aspetto interessante: implica che si possa ricercare la conciliazione tra il lavoro (di chi?) e la famiglia (e non solo la donna!). Ma il punto vero – per me – è che si tratta di conciliare il lavoro con molte altre attività;


Conciliazione tra tempo di lavoro e tempo personale Questa soluzione non mi dispiace, ma ha lo svantaggio di implicare una visione individuale della conciliazione. E ciò a causa di quel tempo personale (personale = del singolo al/la quale ci si riferisce);
Conciliazione tra tempi di lavoro e tempi personali Mantiene la prospettiva individualista ma almeno moltiplica gli elementi da conciliare (la sfumatura aiuta a percepire le molteplici strade percorribili?);
Conciliazione tra tempi di lavoro e tempi personali e della famiglia Ecco che – ancora una volta – nella società irriducibile a monoconformismi, trionfa il plurale. L’espressione non è orecchiabile ma si presenta come un accettabile compromesso(?);
Qualche altro suggerimento? Forse soluzioni diverse per le diverse situazioni? Forse è meglio lasciar perdere?
 Decidere quali sono le dimensioni esistenziali che vogliamo provare a (far) conciliare – almeno un po’, un po’ di più di quanto avviene adesso – significa introdurre il tema della responsabilità. A chi spetta il compito di lavorare per far crescere la quota di conciliazione che circola nella società?
A me piacerebbe poter conciliare: la dimensione familiare (sono papà e marito, ma anche figlio, fratello e altro ancora in termini di legami parentali); la dimensione sociale (abbiamo amici, anche se sull’amicizia in età adulta varrebbe la pena fare un qualche ragionamento); la dimensione civico-politica (la politica è un’attività impegnativa e importante, e ci sono tanti spazi per farla); la dimensione lavorativo-professionale (l’ho lasciata per ultima perché spesso mia moglie sostiene che metto il lavoro al primo posto. È possibile, qualche volta;-)

Pubblicato sull'inserto speciale FAMILY FRIENDLY , uscito nel numero di MACRAME' di settembre 2012.

Le buone prassi: Dal monitoraggio allo sportello

Le buone prassi: dal monitoraggio allo sportello

di Ingrid Culos, sociologa 

La sperimentazione di un modello di buone prassi di conciliazione attivate dal progetto FAI la cosa giusta! prevede il monitoraggio e la valutazione delle ricadute aziendali delle azioni progettuali.
In quest’ottica, a partire dalle prime fasi del progetto, sono state coinvolte le socie/i dipendenti nella condivisione degli obiettivi di conoscenza, sostegno e informazione delle opportunità offerte da innovative politiche di conciliazione.
FAI ha intrapreso un percorso di studio e approfondimento su queste tematiche a partire dalle esigenze che le singole strutture aziendali hanno evidenziato in modo particolare negli ultimi anni.
L’opportunità offerta dal bando Family Friendly della Regione è stata colta nel processo di programmazione che ha coinvolto non solo le figure apicali, ma anche i dipendenti attraverso l’intermediazione dei nuclei gestionali.
Su questa base è stato costruito un sistema di controllo e monitoraggio che oltre a verificare l’efficacia e la tempestività delle azioni programmate, vuole essere in grado di restituire alla cooperativa opinioni, sensazioni, proposte e bisogni.
Questo sistema di monitoraggio ha coinvolto inizialmente la direzione raccogliendo le opinioni dei dirigenti e dei coordinatori rispetto alle possibilità di sviluppo di azioni positive come strategia di crescita aziendale.
Parallelamente i soci sono stati interpellati, attraverso la somministrazione di un questionario, rispetto alla conoscenza e all’utilizzo degli strumenti esistenti di conciliazione.
Dal punto di vista della composizione del campione di risposta (significativo sia dal punto di vista numerico che della composizione della compagine dei dipendenti), sono emersi alcuni elementi caratterizzanti:

  • una quasi totale presenza femminile (93%);
  • una strutturata presenza di cittadini stranieri (25%);
  • una differenziata scolarità all’interno delle strutture;
  • una composizione per fasce d’età diversificata, con la presenza over 50 rilevante (19%).

Queste caratteristiche sono estremamente rappresentative della reale composizione della cooperativa, il che permette di proiettare i risultati di questa prima analisi su tutta la struttura.
Dall’analisi dei questionari è apparso evidente come la conoscenza sia circoscritta soprattutto agli aspetti legati alla retribuzione e alla turnistica, evidenziando un gap di informazione relativamente a misure non direttamente gestite dall’ufficio del personale. Questo elemento di riflessione ha stimolato nella attuazione del progetto il potenziamento degli aspetti di sportello rispetto a quelli di tutoraggio personalizzato. Si è voluto, in tal modo, venire incontro, più che ad una presunta mancanza di informazioni, alla mancanza di consapevolezza dei dipendenti di poter accedere alle stesse.
Sempre a partire da questo elemento, anche nella predisposizione dei percorsi di tutoraggio si è data maggiore attenzione ad accompagnamenti e ricerca di soluzioni anche esterne all’azienda (per esempio, asili nido, misure di sostegno alla famiglia, etc).
Un ulteriore elemento di forza del progetto sta nel aver messo in luce come l’apporto delle famiglie nei processi di miglioramento della qualità della vita dei lavoratori, ed in esso sono incluse le politiche di conciliazione. Il processo di consapevolezza dell’importanza del fattore familiare parte proprio dall’aver constatato come molti strumenti offerti dal territorio siano ad essa dedicati. Questo cambio di prospettiva ha permesso nelle fasi oggi in corso di allargare il concetto di conciliazione da sostegno all’area materno-infantile ad un più vasto sostegno alla famiglia e ancor di più sostegno al cittadino – lavoratore.
L’offerta di questo nuovo servizio ai soci è stato colto come un’occasione di crescita e confronto da parte dei dirigenti che hanno ulteriormente sostenuto questo cambio strategico attraverso la partecipazione ad altri bandi dedicati alla stessa tematica (L.125 e Bando famiglia). Dal punto di vista dei soci, la possibilità di avere un riferimento nuovo che non solo li sostenga al rientro dalla maternità come previsto dal progetto, ma che offra anche un modo per ripensare la propria professionalità accompagnati in un percorso personalizzato.


Pubblicato sull'inserto speciale FAMILY FRIENDLY , uscito nel numero di MACRAME' di settembre 2012.

Conciliazione e buone prassi il progetto FAI

Conciliazione e buone prassi: il progetto FAI
a cura di Anna Omodei 
Anna Omodei
Quello delle buone prassi in tema di welfare aziendale è sicuramente un argomento attuale e dibattuto: ne è un esempio il recente evento pubblico, giunto alla quinta edizione, promosso dalla Regione Lombardia e da ALTIS (Alta Scuola di Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Milano) per la premiazione di realtà organizzative, nazionali e internazionali, che hanno implementato i migliori programmi di work-life balance (per approfondire: Mallone G., La conciliazione famiglia-lavoro in Lombardia e nel mondo – Secondo Welfare, 31 maggio 2012, www.secondowelfare.it).
Ma cosa s’intende per “buone prassi”? Sara Mazzucchelli nella ricerca Conciliazione famiglia e lavoro. Buone pratiche di welfare aziendale pubblicata dall’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia (www.osservatorionazionalefamiglie.it) nel dicembre 2011 definisce le buone prassi come un insieme di interventi:

  • finalizzati a rispondere a un bisogno complesso, socialmente rilevante;
  • tesi alla realizzazione di un benessere relazionale;
  • volti alla generazione di capitale sociale;
  • in grado di trattare le relazioni familiari in una prospettiva di empowerment;
  • promossi da una realtà di soggetti in partnership, in grado di includere, a livello progettuale, realizzativo e valutativo, tutti i soggetti, erogatori e fruitori.

Secondo la ricerca sopracitata le organizzazioni spaziano da misure più classiche che consentono la gestione degli orari di lavoro, come il part-time e la flessibilità, ad agevolazioni quali il nido aziendale, fino a contemplare iniziative di supporto personalizzato quali coatching, accompagnamento e formazione.
Tuttavia il supporto aziendale ritenuto più efficace è l’atteggiamento di disponibilità a negoziare le richieste portate dai lavoratori e la possibilità di individuare una funzione organizzativa di riferimento che svolga un ruolo di accoglienza. Questi elementi vengono valorizzati se inscritti in una più ampia cultura organizzativa che pone attenzione al benessere e alla soddisfazione dei lavoratori.
Investire in misure di conciliazione dovrebbe essere considerata un’azione win-win non soltanto a favore del lavoratore, bensì come «un’opportunità in grado di generare vantaggi organizzativi» e massimizzare i risultati aziendali.
A sostegno di quest’ultima tesi citiamo una ricerca condotta, dallo IESE Business School, in ventiquattro Paesi del mondo sul grado di responsabilità familiare delle politiche messe in atto dalle aziende: «il risultato è che in quelle dove la conciliazione è attuata con successo l’impegno dei dipendenti è tre volte superiore rispetto a quelle dove non esiste alcuna pratica di questo tipo, la soddisfazione sette volte maggiore e la produttività aumenta mediamente del 19%» (Daloiso V., La conciliazione di famiglia, lavoro e festa: alcune buone pratiche – Avvenire, 30 maggio 2012)
Molti degli elementi segnalati dalla ricerca di Mazzucchelli sono rintracciabili nell’intervista, che vi proponiamo di seguito, a Elisa Giuseppin e Arianna Pasquali della cooperativa sociale FAI di Pordenone.
FAI, che dal 1985 si occupa di servizi socio sanitari e educativi, ha avviato il progetto Family Friendly “Fai la cosa giusta!”, finanziato dalla Regione Autonoma FVG e dal Fondo Sociale Europeo. L’iniziativa è finalizzata a sostenere i lavoratori nelle loro esperienze di conciliazione tra lavoro e vita privata. A tal proposito la cooperativa ha realizzato uno sportello di accompagnamento alla conciliazione per i propri soci lavoratori.
Riportiamo di seguito un estratto dell’intervista.
Come è nato e che cosa prevede il progetto Family Friendly “Fai la cosa giusta!”? Il progetto, nato alla fine del 2010 grazie ad un bando regionale e finanziato con fondi europei, prevede uno sportello di accompagnamento alla conciliazione per i soci lavoratori della nostra cooperativa, finalizzato a sperimentare metodi di accompagnamento e informazione. Grazie al progetto Fai la cosa giusta! abbiamo attivato uno sportello di riferimento, interno alla cooperativa e aperto un pomeriggio a settimana,  che si occupa di tutte le problematiche di conciliazione e di pari opportunità.
Lo sportello dà ai soci la possibilità di consultare una figura di sostegno per avere chiarimenti di tipo normativo, contrattuale e inerenti l’offerta di servizi sul territorio per maternità, genitorialità, prima infanzia. Lo sportello è in sintesi un luogo di informazione, un servizio a disposizione di tutti.
Come avete informato e coinvolto la base sociale su questo progetto? Il coinvolgimento dei soci è avvenuto in un secondo momento, a progetto approvato.
Inizialmente abbiamo previsto la somministrazione di una serie di questionari per indagare i bisogni delle persone in tema di conciliazione. Questo lavoro di ricognizione è stato accolto positivamente dalla base sociale, c’è stata infatti una buona rispondenza. Hanno compilato il questionario più di 200 soci su 300 totali. Direi che statisticamente è un gran risultato. Questa fase di ricerca è stata propedeutica all’avvio dello sportello.
In particolare all’inizio abbiamo attivato un processo di informazione capillare ai soci attraverso una pluralità di canali comunicativi (opuscoli, circolari e giornalino interno, incontri e riunioni nelle strutture, etc).
L’attività di comunicazione aveva come obiettivo quello di illustrare il progetto e allargare il concetto di conciliazione; per molti soci infatti la conciliazione era un tema strettamente correlato alla maternità e chi non stava vivendo quella particolare situazione si sentiva escluso.
Sulla base di questo riscontro abbiamo deciso di investire diverse energie per spiegare ai colleghi e alle colleghe che il progetto comprendeva diverse esigenze familiari, non solo quelle legate a chi a figli nella fascia 0 - 3 anni.
Rispetto a come l’avevamo pensato il progetto si è evoluto e si sta evolvendo, si stanno aprendo canali inaspettati e innovativi a livello di progettazione. Il riscontro che abbiamo è molto positivo, c’è stata una buona risposta, il progetto è stato accolto bene, i soci ne hanno compreso il senso.
Quali tipologie di richieste ricevete? Inizialmente le richieste avanzate riguardavano le donne al rientro dalla maternità. Quando poi si è compreso che erano contemplate tutte le esigenze familiari, tutti i soci si sono sentiti più coinvolti.
Infatti, essendo un progetto sperimentale e innovativo si è cercato anche di modularlo in base alle esigenze dei soci: c’era, ad esempio, chi aveva bisogno di informazioni sugli asili, consultori, agevolazioni, corsi, ecc.
Inoltre abbiamo avuto la richiesta di passaggio da full a part-time da parte di un alcune lavoratrici, mentre alcune socie nonne hanno contattato lo sportello per richiedere agevolazioni nei confronti di nipoti neonati. In cooperativa prevale il genere femminile e sono presenti varie fasce d’età: quella delle nonne è corposa ed è un target a cui non avevamo pensato all’inizio del progetto.
Ci sono state anche richieste legate, ad esempio, alla necessità di dedicarsi all’assistenza dei genitori anziani in situazioni di difficoltà? Anche questo è un aspetto aperto. Ci siamo rese conto che è banale ridurre la conciliazione alla genitorialità  o ai problemi legati alla maternità.
La conciliazione non è solo questo, risulta infatti essere un tutto tondo attorno alla famiglia. Investe tutto il ciclo di vita, in particolare se pensiamo ad alcune socie, schiacciate tra l’essere nonna, il continuare a lavorare, l’avere figli con un lavoro precario e, in taluni casi, un genitore non-autosufficiente a carico.
Questa conciliazione nel senso più ampio del termine, così come l’abbiamo appena descritta, è una via che vogliamo percorrere anche con delle progettazioni future. È un canale aperto, in discussione.
Il problema, pensando al domani, sarà la ricerca di ulteriori canali di sostenibilità. Dovremmo pensare a  nuove progettazioni e cercare bandi ad hoc.
Quali sono stati gli apprendimenti organizzativi rispetto a questa esperienza? Prima di concedere agevolazioni a un socio è necessario considerare e valutare altre situazioni di criticità che si trovano all’interno della cooperativa e in particolare del gruppo di lavoro. Possono esserci, ad esempio, persone che hanno lo stesso tipo di urgenza ma legata a seri problemi di salute o a problemi economici. È emerso spesso questo problema: se tu concili da un lato le esigenze tempo famiglia-lavoro di una persona, dall’altro hai poi il problema di gestire il gruppo. Quindi, insieme con le varie referenti esaminiamo il valore, il peso di queste richieste per capire se sono possibili.
La figura del coordinatore dello sportello si trova in mezzo, cerca di mettere in dialogo e conciliare le esigenze del socio con quelle della cooperativa.
È fondamentale lavorare in sinergia. Lo sportello accoglie le richieste dei lavoratori, le valuta sulla base delle possibilità della cooperativa, dà una risposta e ne spiega le motivazioni. Conciliare significa mettere insieme le esigenze delle due parti senza andare a discapito di altri.
È spesso emerso questo doppio punto di vista: è giusto accogliere e conciliare però ci vuole il giusto mezzo nell’accontentare le richieste di conciliazione che devono avere - in base alla nostra esperienza - una temporalità. Devono iniziare e finire. Non possono essere benefici acquisiti in modo permanente perché, a lungo andare, vanno a incidere sul gruppo di lavoro e sull’equipe.
Alla luce della testimonianza presentata proviamo a riassumere, dal nostro punto di vista,  le buone prassi in tema conciliazione:

  • la presenza di un investimento di risorse organizzative;
  • l’individuazione di un referente/coordinatore del progetto;
  • l’attuazione di un percorso volto ad ascoltare le esigenze dei lavoratori;
  • la cura della comunicazione e della presentazione del progetto;
  • l’attenzione e la valorizzazione dei risultati intermedi;
  • la presa in carico della richiesta, indipendentemente dal suo esito;
  • la disponibilità al dialogo e alla messa in discussione da parte dell’organizzazione;
  • la transitorietà delle richieste.

In generale conciliare è faticoso (ma possibile) perché frutto di un lavoro costante di valutazione, di negoziazione e di rete.

Pubblicato sull'inserto speciale FAMILY FRIENDLY , uscito nel numero di MACRAME' di settembre 2012.

Opinioni degli stakeholder: Una direzione da intraprendere

Opinioni degli stakeholder: una direzione da intraprendere

di Andrea Satta, progettista FAI la cosa giusta

Il Progetto FAI la cosa giusta ha chiesto ai dirigenti di raccontarsi e di raccontare cosa significhi provare a dare risposte alle donne in rientro dalla maternità, alle famiglie che lavorano in Cooperativa.
Otto interviste, otto opinioni, otto approcci che oggi, a mesi di distanza, appaiono premonitori di un’interesse che, nella realtà dell’agire quotidiano, è già diventata buona prassi.
La cura delle relazione e l’ascolto dei bisogni delle socie, in un contesto  delicato, complesso e coinvolgente, era ed è la preoccupazione prima di chi deve dirigere, coordinare, facilitare la routine degli operatori.
Tutti i giorni la cooperativa si confronta con la malattia, la disabilità, la vecchiaia, il distacco, il fine vita, ed anche la gioia, l’affetto, la riconoscenza di chi riceve le cure, l’assistenza, le parole e il conforto degli operatori. Gli otto dirigenti sono consapevoli e in un qualche modo preoccupati di questi aspetti e di fronte alle domande sono stati molto disponibili e incuriositi,
Il loro è un punto di vista particolare, volutamente individuale, basato sull’esperienza personale, sulla formazione e sul lavoro in cooperazione.
Il lavoro di ascolto e sintesi dei lunghi dialoghi ha costruito un quadro ricco e sfaccettato in cui le preoccupazioni quotidiani di gestione e le visioni strategiche si sono alternate in una forma colloquio curioso e innovativo.
La conciliazione è risoluzione dei problemi nella prospettiva del funzionamento della struttura, questa è la visione evidenziata dai coordinatori delle strutture e dai referenti di area cogliendo, nel progetto Family Friendly, la possibilità di rendere più fluida ed efficiente la gestione delle relazioni e delle dinamiche quotidiane, fatte di richieste orarie, turni, malattie e famiglie.
Ma è anche risoluzione dei problemi in funzione di un cambiamento aziendale. Così come hanno ben descritto ed evidenziato chi nella cooperativa si occupa direttamente di progettazione, comunicazione e formazione. Questa doppia visione si fonde perfettamente in quell’evoluzione, informazione e accompagnamento, che la Cooperativa FAI ha intrapreso proponendo la creazione dello sportello FAI la cosa giusta.
Ognuno porta con sé la propria storia, professionale e personale, ed è nella Storia della Cooperativa che ci si ritrova a condividere, discutere e risolvere la quotidianità della conciliazione.
Quando abbiamo iniziato... spesso alle domande i nostri interlocutori hanno risposto iniziando così, dando forza e peso alla crescita, alla volontà di chi partendo da pochissimo ha creato una delle eccellenze di cooperazione sociale in provincia.
Oggi  i dirigenti si trovano a cercare nel lavoro sociale quel precario equilibrio fra chi coinvolto direttamente nei problemi e  chi deve trovare e condividere una visione strategica di lungo periodo.
Il lavoro sociale è femminile? Beh... guardati attorno! Così scherzando, anche se solo per un attimo, una delle questioni più scivolose del ambito del lavoro di cura, i dirigenti hanno colto una delle maggiori contraddizioni del sistema, cooperativo incluso, sociale: la diversità fra i generi, gli stereotipi e allo stesso tempo la forza positiva delle differenze.
Nel sociale gli uomini stanno ai piani alti e le donne... anche ma dopo aver faticato di più! Con questa dolce amara considerazione abbiamo chiuso un primo scambio di opinioni, che al di là della apparente leggerezza ha fornito al progetto la legittimazione, ha fatto emergere l’importanza del lavoro d’equipe, delle modalità di risoluzione dei problemi, dell’importanza dell’informazione, della formazione e della continua attenzione sul tema.
Insomma, per dirla con una frase di Hugo Von Hofmannsthal, la vita è integrale conciliazione dell’inconciliabile. 

Pubblicato sull'inserto speciale FAMILY FRIENDLY , uscito nel numero di MACRAME' di settembre 2012.

Flessibilità: Organizzazione che concilia

Flessibilità, Organizzazione che concilia

di Arianna Pasquali

La spinta verso il mare della conciliazione si è fatta propulsiva all’interno della nostra cooperativa circa due anni fa. È forse ovvio da dirsi ma nasce da una visione, da un investimento dell’organizzazione su qualcosa di intangibile, come lo sono le relazioni e i rapporti umani anche dentro le organizzazioni. Si è trattato di una scelta consapevole da parte della Direzione: investire su un progetto che non avrebbe portato alcun riscontro economico immediato, se non buone prassi che avrebbero migliorato genericamente il clima interno, citando la terminologia afferente la politica per la qualità
Così è nato Fai la cosa giusta, progetto family friendly finalizzato all’apertura di uno sportello interno per la conciliazione in cooperativa. Questa l’idea progettuale iniziale, coerente e completa nei suoi obiettivi ed azioni ben calibrati e dosati, dalla valutazione – indagine sulla situazione interna (attraverso questionari per tutta la compagine sociale e interviste alla direzione), al lavoro di studio-consulenza ed infine al clou, l’avvio dello sportello sulla conciliazione per tutti i soci.
Se ci si ferma a riflettere un attimo sui risultati, ad oggi ci si rende conto che:
       il progetto ha preso vie di sviluppo inizialmente inaspettate;
       il tema conciliazione è così ampio da raccogliere istanze provenienti da tutti i nostri ambiti di lavoro;
       conciliazione diventa mediazione tra le esigenze del singolo individuo e quelle dell’organizzazione;
       ad efficacia di comunicazione con il socio-lavoratore corrisponde la sua soddisfazione in quanto le sue istanze vengono considerate e conciliate in un contesto di ascolto super partes.
Le politiche aziendali di conciliazione racchiudono in sé il concetto caro al sociale di flessibilità: più aumentano le esigenze di flessibilità più un’organizzazione si trova a cercare soluzioni e modulare gli orari in modo sempre più flessibile. Il primo ambito in cui la flessibilità agisce innovando il sistema organizzativo è quello delle risorse umane. Le imprese che coinvolgono i propri soci-lavoratori in processi di innovazione e di sviluppo valorizzano al meglio il potenziale lavorativo, maschile e femminile, riconoscendo e rafforzando le competenze che permettono di gestire nuovi ruoli in contesti sempre più complessi e mutevoli.
La conciliazione tra lavoro e famiglia è una problematica individuale ma assume una valenza collettiva di fronte alle regolamentazioni contrattuali ed aziendali che ne definiscono le condizioni. Tra le parti sociali e all’interno delle imprese aumenta la consapevolezza del fatto che il benessere personale dei propri lavoratori e lavoratrici assume un ruolo determinante per la loro performance professionale. Il lavoratore e la lavoratrice che, con l’aiuto dell’organizzazione, hanno trovato soluzioni soddisfacenti per la gestione quotidiana delle incombenze familiari, infatti, contribuiscono meglio allo sviluppo e alla produttività dell’impresa. La competitività di un’impresa risiede, quindi, anche nella capacità di disporre, organizzare e motivare le risorse umane occupate, in ottica più family friendly.
Analizzando nel dettaglio ci si rende conto che un’impresa family friendly vive in un equilibrio governato da un’antinomia tra le due sfere: la conciliazione è una problematica individuale che assume valenza collettiva. Questa apparente contraddizione in termini trova il suo senso in un campo neutro di incontro tra i due insiemi di esigenze, quelle personali/familiari e quelle organizzativo/aziendali.
I vantaggi nelle politiche di conciliazione possono essere tracciati nei due ambiti così come di seguito.
Per l’impresa e organizzazione il valore aggiunto si riscontra nella diminuzione di assenze e malattie, nel calo del turnover, nella possibilità di mantenere know-how all’interno dell’impresa, in una maggiore produttività mentre gli investimenti per la qualificazione del personale rimangono nell’impresa. Inoltre è possibile un utilizzo efficace del personale secondo bisogno, si nota una reattività pronta e flessibile ai cambiamenti, vi è un maggiore rendimento dei lavoratori motivati ed è possibile l’acquisizione e la fidelizzazione di collaboratori qualificati ed impegnati, aumenta la valorizzazione dell’immagine aziendale.
Dall’altro punto di vista, quello dei soci-lavoratori e lavoratrici si può valutare una minore conflittualità sul tempo, un adeguamento del lavoro alle esigenze individuali e aziendali, una maggiore facilità nel rientro dai periodi di aspettativa, possibilità maggiori di riappropriarsi del tempo, maggiore continuità professionale, opportunità di lavoro part-time qualificato, miglioramento del clima aziendale, maggior impegno in azienda, possibilità di intervenire nelle decisioni, maggiore flessibilità nell’organizzazione dei tempi dedicati al lavoro e al tempo libero, meno carico e stress per impegni familiari e lavorativi.
Il tema della conciliazione non si presta ad una concertazione più di tanto collettiva né ad essere regolamentata da una normativa nazionale se non per quanto attiene i principi generali. Le imprese, il mondo del lavoro, enti locali e società civile hanno il compito di trovare un punto d’incontro ed avviare progettualità che siano in grado di coniugare l’interesse dei lavoratori, dei datori di lavoro e della collettività. 

Pubblicato sull'inserto speciale FAMILY FRIENDLY , uscito nel numero di MACRAME' di settembre 2012.

martedì 6 novembre 2012

FAI LA COSA GIUSTA!


FAI LA COSA GIUSTA!
di Elisa Giuseppin

La conciliazione si costruisce sull’equilibrio per ogni essere umano tra la dimensione aziendale e familiare, influenzandone positivamente la qualità di vita.
FAI ha a cuore questa relazione, e l’attuazione dello sportello vuole muoversi in questa direzione.
Esempi di questo tipo d’attenzione sono i percorsi di tutoraggio a sostegno del rientro lavorativo. Ascoltati i fabbisogni di conciliazione, lo sportello mette insieme e sostiene le azioni che promuovono queste esigenze.
Investire in misure di conciliazione, predisporre soluzioni per la famiglia significa pensare al benessere personale e lavorativo dei propri soci/e. Queste sono le risposte che lo Sportello Family Friendly si propone di dare, in un tessuto che vede il coinvolgimento di molteplici soggetti.
Gli incontri dello Sportello, che ad oggi sono stati circa venti, hanno permesso di creare insieme dei percorsi di supporto personalizzati al rientro, di dare informazioni sulle misure presenti, di approfondire questioni specifiche; il tutto in un’ottica di sostegno ai suoi dipendenti che FAI ritiene un valore aggiunto, investendo nell’innovazione sociale e nella centralità della famiglia e dei suoi bisogni. Il tema conciliazione è una fucina aperta a nuove idee i cui confini si allargano di continuo, evolvendosi e incrociandosi poi per lo sviluppo di azioni positive.

  Pubblicato sull'inserto speciale FAMILY FRIENDLY , uscito nel numero di MACRAME' di settembre 2012.

Montereale: La fattoria accoglie i bambini e gli anziani, picnic con un'enorme polenta!  
Tratto dal Messaggero Veneto del 06 Novembre 2012